Calabresi “veri” e “cortesi”

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Un vecchio detto diceva “Piemontesi falsi e cortesi”, come al solito si generalizza e non sempre i detti sono la verità. Nella mia esperienza a Torino per  più di 40 anni ho capito che esistono differenze notevoli tra gli stessi corregionali, come in tutti i posti, regioni, stati.

Ma credo che molto ho imparato dai miei anni a Torino, cioè che in una grande città con la sua tradizione si può crescere , apprendere e cambiare, ma di più che questi piemontesi non si abbattono facilmente, lottano per ottenere i propri diritti. Sotto vi è un articolo che uscirà questa settimana su una rivista settimanale, pubblicata a Siderno. Anche i calabresi hanno qualcosa da insegnare, ma dovrebbero abituarsi a ribellarsi a quel clima di scoramento, lagnanze che spesso travolge anche chi vorrebbe uscire da questa situazione.


La Locride a partire da Riace

In questi giorni di forti emozioni, dallo scoramento di martedì 2, all’euforia di sabato 6, si apre uno spiraglio anche per i problemi del territorio?

Era difficile pensare che in breve tante persone da tutt’Italia, in particolare dalle regioni del Sud, raggiungessero, per la terza volta e in numero maggiore delle precedenti, il piccolo borgo di Riace superiore.

Merito della Rete dei Comuni Solidali e dei legami politici e umani che tanti in Italia hanno instaurato con Mimmo Lucano e con il modello di accoglienza di Riace.

Per i tanti detrattori che in questi giorni si sono subito scandagliati in rete a diffondere notizie false, distorcendo i verbali dell’inchiesta, uno smacco, ed è difficile controbilanciare questa mancanza di capacità critica che attraversa il paese, pronto a leggere qualsiasi notizia distorta o preparata ad arte come fosse vera.

Continuano imperterriti a rilanciare in rete, il video, di una WebTV calabrese, di un’intervista di un cittadino di Riace, attualmente vicino alla Lega, che accusava Lucano per la gestione delle assunzioni dei lavoratori.

Notizia ripresa anche dal Ministro dell’Interno!

Egli è stato condannato in Cassazione a quattro anni e sei mesi di reclusione per trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori, cioèper fittizia intestazione, prestanome di un’altra persona, implicata nello stesso processo, soggetta alla stessa pena, che già molti anni prima era stato condannato, per due volte, per associazione di stampo mafioso.

Sembra di tornare ai tempi degli untori, basta una piccola frase e tutti a farla girare in rete, e nessuno riesce a convincerli, nemmeno l’evidenza dei fatti, la smentita del “colpevole”, la mancanza di prove e la sua assoluzione.

Ma quella marea umana che ha travolto Riace, le abitudini consolidate dei residenti, ha unito tutti coloro che nel mondo vogliono fermare le barbarie delle guerre, che vogliono un mondo solidale nel quale tutti, anche chi ha meno possibilità, possa avere un posto dove fermarsi e vivere la propria esistenza.

Mimmo Lucano è colpevole di questo, essere riuscito a unificare tutti questi, “colpevoli di umanità”.

Ma c’erano tante persone della Locride e calabresi che sanno che Mimmo Lucano ha fatto bene a Riace, ma anche a una terra che era sinonimo di ‘ndrangheta, un esempio che ha travalicato il mondo intero, orgogliosi di essere suoi “compagni” di lotta e di strada.

Unire queste persone con storie diverse e percorsi politici spesso contrastanti non era facile, qualcuno ci è riuscito e da qui occorre partire.

Diceva nel suo intervento in piazza Peppino Lavorato, altra figura esemplare con i suoi 80 anni di lotta, che i “ boia chi molla” degli anni ’70 sono stati fermati dalla discesa con i treni, malgrado le bombe sui binari, degli operai del Nord, essi stessi emigrati dal Sud, che hanno dato un importante aiuto a quei che si opponevano “all’attacco fascista a Reggio Calabria e all’Italia” e contribuirono all’inizio della sconfitta di quei moti.

Sempre di più la magistratura evidenzia, in questi ultimi anni, legami tra quel moto di Reggio, la ‘ndrangheta, la mafia, la massoneria e i servizi segreti che hanno tenuto in ostaggio il paese.

Credo che esistono ancora quei poteri che tengono al cappio questa regione, con una borghesia mafiosa e non solo quella, che riesce a infiltrarsi in tutti i gangli del potere, a sistemare i propri figli e parenti, e continuare a mantenere questa terra in abbandono e senza prospettiva per gli altri, quelli che, come si diceva sabato, sono i poveri della terra, meno poveri di quelli che arrivano dai paesi in guerra o senza speranza di una vita migliore.

Chi riuscirà a spezzare questa tenaglia che circonda i paesi, questo scoramento dei giovani che non vedono prospettive, se non emigrare in posti che spesso offrono lavori che qui si rifiutano, ma altrove ti garantiscono uno stipendio normale e i diritti garantititi dalle leggi?

Chi riuscirà a smuovere le menti e le forze dei tanti cittadini che si trovano senza ospedali che garantiscano un’assistenza adeguata, se non la prospettiva di andare al Nord per chi se lo può permettere o fare analisi e visite nelle strutture private o convenzionate?

Chi riuscirà a mobilitare chi viaggia sia in ferrovia, che in questi ultimi anni ha visto tagliate molte corse, oppure chi deve attraversare una strada, la 106, che ritenere adeguata e senza rischi mortali è un eufemismo, arrivando al paradosso che a Caulonia, sul ponte Allaro, se ancora c’è il senso alternato, è una “fortuna”?

I lavoratori del Sud, emigrati al Nord, degli anni ’70 non ci sono più, anche loro scomparsi con le ristrutturazioni selvagge, con la globalizzazione e allora occorre ripartire con le proprie gambe, con la propria intelligenza e riprendersi la propria vita.

Molti di quelli che hanno modernizzato l’Italia negli anni del boom erano anche figli di queste terre, erano quelli più arrabbiati, meno disposti ai compromessi, più propensi a lottare e hanno garantito più diritti e migliori condizioni di vita a tutti, a qualsiasi ceto sociale appartenessero. 

Erano giovani e meno giovani e hanno ribaltato convinzioni consolidate per anni e adesso se guardi in faccia coloro che hanno la loro età di allora, vedi solo la disperazione, il disinteresse, egoismi e l’incapacità di trovarsi insieme per decidere del loro futuro.

Ho visto in questi ultimi anni una grande lotta dei cittadini della Locride, lo sciopero dell’ottobre 2015, a difesa dell’ospedale.

C’era tanta gente, tanti giovani, tanti lavoratori di diversi settori, tanti studenti. 

Tanta la voglia di lottare per ottenere almeno una Sanità che garantisca la possibilità di ammalarsi, curarsi a due passi di casa, senza costi aggiuntivi, ma c’era anche il desiderio e la speranza di un futuro migliore nella Locride.

Una giornata finita in un parapiglia senza senso, incapacità di raccogliere quella sfida di chi era in piazza, scontri tra rappresentanti dei diversi partiti, invece di partire da quel movimento e farlo pesare sul tavolo con la Regione e con il Governo.

Sono passati tre anni e le cose sono peggiorate, l’Ospedale ha chiuso reparti e mancano i macchinari e si aspetta che funzioni con le strutture ancora aperte.

Ci sono state altre due manifestazioni nel 2016 e nel 2017, molto meno partecipate e un’iniziativa a settembre scorso, che mi è sembrata una passerella per i politici che sono intervenuti e un’occasione per Scura per ribadire che quella sedia gli è tanto “cara”, malgrado i disastri che ha combinato.

Nel frattempo avanza a tamburo battente l’idea secessionista della Lega, con la richiesta della Regione Veneto e della Lombardia, a guida leghista, a cui si è associata la Regione Emilia-Romagna, a guida PD, di una maggiore autonomia in vari settori di competenza statale, tra cui la Sanità.

Nella bozza in discussione, si propone che in ogni Regione possono essere curati solo i residenti della stessa e non quelli provenienti dalle altre e questo sta a significare che i residenti in Calabria possono dimenticarsi le vie di fuga per potersi curare.

Dovranno accettare che la propria salute sia affidata ad ospedali senza tutte le strutture adeguate e senza tutte le specializzazioni sul proprio territorio.

Si può stare inerti ad attendere i politici, che spesso non sembrano all’altezza della situazione, oppure sono senza armi di pressione, escano dai loro attendismi, dai loro giochi di partito?

Oppure si pensa che se tanti cittadini e lavoratori avessero almeno la capacità di provare a trovarsi ad un tavolo e discutere, prendendo loro in mano il testimone, con idee chiare, senza delegare a nessuno, sarebbe una possibile via per uscire da questo impasse, oltre che essere partecipi del loro destino, forse potrebbe servire anche ai loro Sindaci per avere qualche arma in più nei confronti dei poteri regionali e nazionali?

Un piccolo – grande uomo ha dimostrato che con la “capatosta” si può cambiare anche una realtà che sembrava senza prospettive, diventando, suo malgrado, un simbolo per i deboli e indifesi.

I giovani con le loro energie e la voglia di cambiare e quelli più anziani con la loro “saggezza”, sono il crogiolo per il domani, possono trovarsi insieme iniziando a discutere di sanità e trasporti?

Immagini della manifestazione a Riace, con presenza da tutta Italia

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