Discussione su aziende e scuola

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Discussione su aziende e scuola

20/04/2013 Lavoro Notizie Politica Scuola 0
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Inserisco una discussione sull’appello

CONTRO INVALSI E SNV

proposto dai Cobas e che ha raccolto significative adesioni da docenti e uomini di cultura

“Caro Giorgio Forti,

mi permetto di rispondere in modo colloquiale, come dal tuo messaggio.

In ogni caso ti debbo ringraziare per l’attenzione prestata al nostro documento e già questo, mi permetto di dire, ci aiuta nel nostro intento di rimettere in discussione gli assiomi dominanti, che tendono a silenziare le voci discordi.

L’appello ha per primo scopo l’intenzione di raccogliere tante voci per porre la questione all’attenzione di chi può modificare le leggi.

Da anni assistiamo a un virulento attacco alla scuola pubblica, che molti di noi hanno costruito e trasformato, rendendola una scuola aperta a tutti, democratica e tendenzialmente laica.

Le organizzazioni di “lor signori” hanno avuto una parte notevole in questi stravolgimenti, in quanto si sono fatti portatori di queste “controriforme”, spesso senza avere una visione  complessiva.

Io ho la “fortuna” di insegnare in un istituto tecnico di buona qualità e i rapporti molto stretti con le aziende le abbiamo da anni, attraverso gli stage degli studenti, normali per il tipo di scuola.

Esiste sempre il rischio che in qualche modo le scelte che facciamo tendano a imitare una visione “produttivistica” della scuola e l’ascolto delle richieste di queste aziende ci porta a “pensare” cosa “serve alle aziende”.

Per essere sintetico, tutta la questione di insegnare per “competenze” ha avuto il battesimo attraverso i rapporti che ci sono state tra scuole tecniche e associazioni industriali delle diverse province, non solo a Torino, se non sbaglio anche a Padova e altre.

Una normale relazione tra pari, è diventata, nel tempo una pratica allargata a tutte le scuole, un credo indiscutibile difficile da contrastare.

La capacità dei docenti di riuscire a cogliere tutti i nessi tra pratiche scolastiche e mondo produttivo è molto limitata e riuscire a capire la trasformazione che questo significava nel nostro lavoro e nei metodi di insegnamento non fa parte del bagaglio di molti docenti, sia umanisti che tecnici.

Gli “intellettuali pensatori” sono pochi e sono sempre malvisti dal potere, immagina in una scuola tecnica.

Essendo stata sperimentata per primo da docenti di materie tecniche (spesso ingegneri), che hanno una visione molto legata ai laboratori, è stata sposata in modo entusiasta da questi docenti e poi “imposta” dai ministri a tutti.

La discussione non può fermarsi in poche frasi, ma ritenevo necessario provare a darti risposte almeno parziali alla tua richiesta di modifica del testo.

Come sai tutti gli appelli sono proposti da qualche organizzazione o persone, in questo caso i Cobas Scuola, che da anni si battono per contrastare questa deriva.

Come tutti gli appelli, anche questo viene proposto a delle personalità e coloro che hanno aderito non so se condividano tutte le parole, ma hanno ritenuto di appoggiarlo, poichè ne condividono l’impostazione di fondo.

Non è possibile quindi modificarlo, anche perchè le firme raccolte sono sul documento che io ho inviato, elaborato da un confronto tra docenti delle scuole.

Ritengo il tuo contributo molto importante, proprio perchè pone dei problemi e di stimoli ne abbiamo tutti bisogno.

In un appello è difficile sviscerare tutte le problematiche.

E’ un punto di partenza.

La nostra intenzione sarebbe quella di confrontare tutte le personalità di tutto il mondo che hanno una visione contraria all’impostazione dominante.

Ci sono in USA, Gran Bretagna, Francia e come vedi anche in Italia.

Questo è il senso del documento e su questo ci si può confrontare.

Tengo conto delle tue “proposte critiche” e le faccio girare nella lista di discussione che lo sta diffondendo.

Ringranziandoti di questa tua comunicazione, se ritieni di poter aderire, malgrado le tue “proposte critiche” sarai il benvenuto, come lo sei anche se non lo firmi, perchè non ti senti in completa sintonia.

Scusandomi per la lunghezza, ma era il minimo per tentare di risponderti,

ti saluto cordialmente

Francesco Martino, docente di Elettronica (Ingegnere)”

La nuova risposta di Giorgio Forti

“Caro Francesco,
grazie per la tua interessantissima, impegnata risposta. Sarò molto lieto se tu puoi farmi avere direttamente notizie dei dibattiti tra di voi su questi temi ( ho avuto il tuo scritto solo di terza mano, tramite persona famigliare), che hanno occupato per me gli ultimi …50 anni Adesso ne ho 82, e sono in pensione, ovviamente. Ho lavorato sin dal 1955 in ricerca su quella particolare utilizzazione dell’energia solare che è la fotosintesi clorofilliana: quel che succede da quando un quantum di energia, dal Sole, colpisce una molecola di clorofilla in una foglia, a quando si formano gli zuccheri e gli altri composti organici. Come insegnamento, ho insegnato vari tipi di corsi: fisiologia delle piante, bioenergetica, biologia molecolare, biofisica. Ho anche, occasionalmente, collaborato con insegnanti di Istituti tecnici ad allestire esercitazioni di laboratorio. Ricordo una esercitazione ( negli anni 70) sul rendimento energetico della crescita del lievito e della produzione di alcool, fatta ovviamente misurando solo il consumo dello zucchero fornito ed i prodotti finali ottenuti, con una molto approssimata misura anche del calore prodotto mediante un piccolo calorimetro. Questo solo per cercar di spiegare in che campo ho lavorato, dal 1955 al 2004. Ma venendo ai nostri problemi, oggi non molto diversi da ieri ( semmai peggiorati con i recenti governi): sono del tutto d’accordo con le tue valutazioni sul degrado della scuola pubblica ( ma anche di quella privata!), per la concezione che le organizzazioni di lor signori hanno della funzione della Scuola, come di un servizio fatto per “loro”: e dando per scontato che “loro” sanno come si debba indirizzare l’economia: una dichiarazione molto spudorata, dato come hanno condotto la situazione all’attuale crisi, risultata da decenni di applicazione estremista delle idee di Friedman, messe in pratica dai vari Reagan, Thatcher, Merkel e… Monti ! Ecco, quello che io penso è che il legame che tu mi dici produttivo e felice con l’industria nel caso della tua Scuola ( ma è generalizzabile?) non deve certo dare per scontato che “quel che è bene per l’azienda è bene per tutti”: i fatti degli ultimi anni mi sembra che abbiano dimostrato chiaramente che, in generale, non è così. Un esempio: si continua a produrre quantità astronomiche di energia dai combustibili fossili solo perchè… il fatturato del petrolio grezzo è di un milione di dollari al secondo, e cresce continuamente, e chissà per quanti decenni ce ne sarà. L’energia solare che arriva sulla Terra (oggi misurata assai precisamente mediante i satelliti, oltrechè calcolata misurando l’emissione ed il cono di radiazioni luminose che investe la Terra durante tutto l’anno) è di circa 2×10 elevato 24 Joules all’anno, circa 4500 volte il totale dell’energia consumata dalle attività umane, tutte comprese.La conversione con le attuali celle al silicio “amorfo” è del 22% circa, ma in laboratorio si ottiene circa il 40-45%. E perchè i pannelli solari costano così cari? Certo gli interessi privati di lor signori ( petrolieri e grandi banche, in questo caso) ci sono per qualcosa!
Tu dici: “La capacita’  dei docenti di riuscire a cogliere tutti i nessi tra pratiche scolastiche e mondo produttivo è molto limitata e riuscire a capire la trasformazione che questo significava nel nostro lavoro e nei metodi di insegnamento non fa parte del bagaglio di molti docenti, sia umanisti che tecnici.” Credo che questa constatazione sia molto importante: potrebbe essere la base per fondare una presa di posizione di docenti, studenti e loro famiglie, che si allarghi alla società nel suo complesso? La Scuola, se non è cambiata di recente, dedica poche ore alla Economia generale, e forse in modo poco collegato agli insegnamenti strettamente tecnici; ma di questo tu ed i tuoi colleghi siete certo più esperti di me. Forse per questo viene così generalmente accettato il “dogma aziendalistico” che è diventato un dogma indiscutibile, come fosse una legge di natura e non una costruzione delle società umane. Per cui, si accetta che il lavoro debba esser buon mercato perchè l’azienda possa prosperare, mentre non passa per la testa che il capitale possa limitare la sua remunerazione perchè il lavoro possa essere remunerato stabilmente e decentemente. Tanto più che oggi l’attività più profittevole è la produzione di denaro con denaro ( attività finanziaria), e non merci e servizi con merci e servizi, con il denaro come intermediario di “valore”.
Sarò lieto di corrispondere, e di collaborare se possibile.
Molti saluti,
Giorgio Forti”

Questo era la lettera da cui è partita la corrispondenza

“Caro Martino,
ho letto con molta partecipazione l’appello, e lo vorrei firmare ma c’è un concetto che secondo me, va assolutamente emendato, se siete ancora in tempo a farlo; vengo al punto, a p.2 dell’appello:
Non a caso, per mettere a punto i sistemi di valutazione aziendalizzante il MIUR ha coinvolto associazioni della Confindustria, portatrici di interessi che dovrebbero restare lontani dalla scuola pubblica e dalle sua finalità: interessi che da anni spingono affinché la scuola italiana si adegui alle esigenze del sistema produttivo; poiché per essi la fase attuale ha bisogno di una scuola che non miri più alla formazione complessiva dei futuri cittadini, ma che addestri una forza lavoro in possesso di competenze generiche e flessibili, capaci di adattarsi alla condizione di precarietà endemica che li aspetta nel mondo del lavoro. 

Sono assolutamente d’accordo che la Confindustria, e qualsiasi associazione professionale o imprenditoriale o gruppo finanziario, non debbano avere alcun potere sulla Scuola, dalla Materna all’Università, altro che quello che ogni cittadino ha quando esprime il suo voto alle elezioni: nessuna rappresentanza quindi negli organi direttivi e gestionali della Scuola. La quale deve sì mirare alla formazione dei futuri cittadini, ma questo non significa che non abbia di per ciò stesso implicitamente la funzione di provvedere alle competenze e capacità critiche necessarie alla vita economica della società, futura ma anche presente, nel suo complesso. Il periodo che ho riportato, così come è scritto ammette, anche esplicitamente, che le “esigenze del sistema produttivo” sia in alternativa alla formazione culturale, e siano di competenza esclusiva della Confindustria e simili. Ecco, questo io non posso certo firmarlo, perchè non corrisponde a verità. Le esigenze del sistema produttivo non coincidono, per fortuna con le esigenze degli interessi di classe di lor signori.E’ ancora possibile modificare questo periodo, che letteralmente è, con ogni probabilità, in contrasto con le intenzioni di chi lo ha scritto?
Un altro concetto che non condivido è la contrapposizione tra il saper scrivere e la “comprensione di un testo”, che include il saperlo inquadrare storicamente, criticamente, e nel costume ed idee di chi lo ha scritto; ma questo è secondario rispetto al punto sopra discusso.
Molto cordialmente,

Giorgio Forti
Professore emerito alla Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Milano, Socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei

 

 

 

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