INVALSI: la scuola banale

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INVALSI: la scuola banale

01/04/2013 Lavoro Notizie Politica Scuola 0
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PENSARE ED EDUCARE LIBERI.

 Boicotta InvalsiCome si crea un concetto, un’idea o un   ragionamento è una questione complessa e come un’intuizione allarghi le prospettive e ti fa passare da un concetto a un altro, non è pane per ministri e burocrati ministeriali, lautamente pagati.

L’altro giorno mentre ascolto la TV, viene data la consueta notizia nel periodo di feste (natalizie, pasquali) sullo spostamento degli italiani dalle città ai luoghi delle vacanze. Si informava che erano diminuiti i vacanzieri e che erano preoccupati gli albergatori. In una fase in cui una buona parte degli italiani non riesce ad arrivare a fine mese e milioni di giovani e vecchi sono disoccupati, dare queste notizie significa non avere il senso delle cose.

Ho pensato che da anni in Italia c’è un ceto che in vacanza è sempre andato e una parte che non ci è mai andato, né nel periodo delle feste, né nel periodo delle vacanze e questi ultimi non ci andranno mai e farli sognare è il compito dei media, affinché non si incazzino e protestino.

Ma che legame vi è tra la scuola e la formazione del pensiero? Io ho un modo “intuitivo” di passare da un pensiero all’altro e da questa notizia sono passato a pensare di quanto spesso la scuola tenda ad educare studenti normali (“banali”). E’ proprio quando si parla della necessità che ci siano persone intelligenti, che abbiano la capacità di inventare e progettare nuovi approcci, quando tutti sanno che per uscire dalle crisi, ci vogliono persone e idee che vadano oltre il pensiero comune, nella scuola si trasferiscono modalità di apprendimento mutuate da altri contesti.

Si sa che i “rivoluzionari”, coloro che modificano modi di pensare, di produrre non seguono, quasi mai, un ragionamento lineare, ma che spesso vanno per tentativi, apprendono dagli altri, riprendono concetti di altri, anche quelli abbandonati e non sviluppati. Spesso mischiano concetti di diversi campi del sapere, scienze, tecnologia, filosofia, letteratura, tutto quello che hanno appreso nella propria formazione, nello scambio con gli altri, aiutati dalla loro curiosità e vivacità intellettuale.

E l’INVALSI? (Ist. Naz. per la Valutazione Sistema educativo di Istruzione e di formazione)

E’ stato inventato per verificare la mediocrità delle scuole, per confrontare risultati di studenti, cresciuti in ambienti diversi, educati con modalità diverse, da docenti che hanno approcci diversi, su materie di studio che hanno contenuti e tematiche differenti.

Pensare di poter valutare allo stesso modo materie letterarie e scientifiche, privilegiando una valutazione che è più adatta a un pensiero di tipo ordinato e sequenziale, poteva passare per la mente di persone che di educazione e formazione del pensiero, compreso quello scientifico, capiscono poco.

Per anni, scuole di pensiero diverso si sono confrontate e spesso ogni stato ha avuto pensatori e pedagoghi che hanno trasferito nell’educazione la tradizione e la cultura del paese.

In Italia ci sono state scuole di pensiero, che partendo da altri pensatori anche stranieri, sono diventate un modello da copiare ed esportare, in particolare la scuola elementare.

Tutto questo è stato abbandonato per partorire un mostro, la valutazione per quiz a risposta multipla, derivate dal contesto inglese e USA, mutuate da un approccio di tipo industriale, in cui fondamentale è l’efficienza, come se l’educazione fosse una merce, che debba rispondere a determinate caratteristiche standard.

Educatori improvvisati, spesso dirigenti aziendali, hanno partorito l’insana idea che la bontà di una scuola si misuri sulla capacità degli studenti di rispondere a prove standardizzate, scegliere una risposta su quattro, utilizzare la sveltezza o la capacità di memorizzare risposte, come fosse un gioco televisivo.

L’idea che uno studente analizzi una domanda, la capisca e risponda con i suoi concetti così come ha appreso e rielaborato non è efficiente.

Un sistema nel quale la misura dello stare bene, della felicità delle persone, è data dalla misura di quanto si produce, non di cosa e come si produce, è un sistema che  non ha senso.

Produrre bombe o aerei della morte, non è lo stesso che produrre alimenti e conoscenza da trasferire anche agli altri; per gli stati o le aziende è indifferente; qualsiasi produzione cresce la ricchezza di chi controlla il potere e delle aziende.

Rispondere con una crocetta, non ti permette di riflettere, di legare i concetti e capire in quale mondo vivi.

Alcuni hanno definito questo  “pensiero unico”, convincere le persone che vi è un solo mondo possibile, questo e tutto deve adeguarsi a questo, misurare tutto in punti e percentuali, ridurre tutto a quantità definite, decise in alto, da alcuni che decidono al tuo posto, quali sono le domande da proporre e le risposte.

Ecco serve il “rumore”, il disturbo, quello che non si può misurare, un pensiero “divergente”, servono i folli, i sognatori, i poeti.

Questo è il compito che spetta ai docenti, ribadire che l’intelligenza non si misura, non si raccoglie in formule, abituare gli studenti a creare, essere curiosi, chiedere, inventare risposte non convenzionali, provocare discussione.

I detentori del potere vincono quando i docenti subiscono passivi le circolari ministeriali, eseguono pedissequamente le direttive, le raccomandazioni, si isolano dagli altri docenti.

Vincono anche perché gli esecutori, i zeloti, convinti di essere nel giusto, i propagandisti del nuovo credo li troviamo tra di noi e spesso li consideriamo colleghi, che la pensano diversamente e non osiamo contrapporci a loro, perché sappiamo che sono dalla parte del potere e noi ci sentiamo sconfitti.

Vi è sempre un tempo in cui la storia prende strade impreviste, che nessun decisore può prevedere, poiché non si racchiude in formule e punteggi e quel momento nasce quanto il “rumore di fondo” diventa un pensiero condiviso, si diffonde, si tramanda e si condivide.

La protesta del 2012 

E’ partito un appello per fermare questo tentativo di banalizzazione, firmato da personalità, professori e docenti

La protesta del 2013

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