Nascere il 1° gennaio 1952

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Nascere il 1° gennaio 1952

31/12/2013 Lavoro Notizie Politica Scuola 0
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La fortuna è cieca, ma i governi ci vedono bene!

Nascere nel 1952, subito dopo la guerra era una fortuna, l’Italia distrutta per colpa di una dittatura feroce e di un regno imbelle e incapace, iniziava una fase che l’avrebbe portata ad essere una nazione ricca.

I sacrifici dei partigiani e della lotta di Liberazione, avevano dato all’Italia l’opportunità di non essere penalizzata dalla scelta di allearsi con la Germania nazista.

I Governi post guerra,schierandosi con gli USA e l’occidente, avevano messo da parte i comunisti, che di questa rinascita, erano stata la componente maggiore, ed erano schierati con l’URSS.

Erano stati anni duri per i lavoratori combattivi della CGIL e del PCI, emarginati nelle fabbriche, quando non isolati in reparti confino.

Ma con gli anni avevano riconquistato i diritti per tutti e non solo per loro e nel tempo l’Italia era uscita dal gretto perbenismo della DC (partito di governo) e della Chiesa di Roma.

I lavoratori avevano ottenuto che tutti i cittadini avessero una vita decente, una sanità pubblica, una scuola aperta, una pensione, minima per tutti, ma slegata dalle intemperie della vita.

Un sistema di calcolo, detto retributivo, che permetteva che quando si usciva dal lavoro, la pensione fosse di entità tale, che ti permettesse di non morire di fame.

Era una garanzia per tutti, non dover dipendere dai figli, dalle istituzioni di carità o dovendo fare lavori in nero.

Per chi non avesse lavorato con continuità vi era la pensione sociale.

Come dovrebbe fare uno stato di tutti i cittadini.

Erano le conquiste ottenute dai lavoratori, con dure lotte e senza tanti complimenti, anche con scontri con le forze dello stato, e anche con morti, che avevano sacrificato la vita per i diritti di tutti.

Poi le forze che avevano dovuto subire la rinascita dei lavoratori iniziarono a riprendersi tutte le conquiste, dalla sanità alla scuola e non ultima la pensione.

Ogni due – tre anni, dal 1992, si modificavano le norme che regolavano le pensioni, allungando di anno in anno il numero minimo degli anni per andare in pensione, dai 20 ai 35, ai 40, a 46 nel 2050.

Una soglia era rimasta invariata nel tempo, massimo 40 anni di contributi e quale che fosse l’età si andava in pensione.

Nel caso che uno non avesse il massimo degli anni di contribuzione era necessario avere un minimo di età anagrafica, anche questa era diventata mobile nel tempo, da 57 anni di età e 35 di contributi, ultimamente era diventata 60 con 36 anni di contributi o 61 di età e 35 di contributi.

Sembrava dovesse esser l’ultimo compromesso tra i governi e i sindacati accondiscendenti, mai scioperi a difesa di quei diritti, conquistati con sacrifici dai lavoratori.

Ma per le finanze, il capitale e il liberismo, le garanzie sono carta straccia, se chi li ha, non li sa difendere!

Eliminare le garanzie per tutti, per passare a concessioni per chi è ricco e si può permettere con i soldi di comprare dal privato quello che era garantito dallo stato e dalle lotte dei lavoratori.

Gli altri, i poveri, i disoccupati, i non garantiti sono merce senza valore, che non porta profitto, anzi costa e i ricchi debbono rinunciare ai loro privilegi perché essi possono avere un minimo di garanzie.

Non sei ricco, non puoi pagarti una pensione decente, muori di fame.

All’improvviso a fine 2011 si cambiano di nuovo le regole.

Tutte le riforme fatte fina ad allora, consentivano a chi era nato nel 1951 di conservare le vecchie regole, rimaneva la stessa età anagrafica, rimanevano sempre gli stessi anni di contributi.

Chi era nato dal 1° gennaio 1952 veniva sconvolto dalle nuove regole, aumentava l’età anagrafica per andare in pensione e aumentavano anche gli anni minini di contributi per andare in pensione.

All’improvviso migliaia di docenti, stimati in circa 4 mila, vedevano sconvolte le prospettive di vita.

Chi aveva 40 anni di contributi, da minimo 1 (le donne), a 2 (gli uomini) ad almeno 3 anni in più.

Ma che era al limite dei 35 o 36 anni anni, uomini e donne che fossero da un minimo di 5 a un massimo di 7 anni in più!

Pensate alla docente di una scuola materna/elementare che alla bella età di 65 anni continua a far crescere i bambini di 3 anni.

Immaginate questa donna che avendo dei nipoti a casa, forse figli con lavori precari, che aspettavano di poter affidare i nipoti alla nonna, per cercarsi un lavoro più decente, si alza la mattina e si trova in classe questi bambini!

Ma quale vigliaccheria, quale malvagità, quale calcolo perverso può esistere nelle menti di questi governanti?

Non hanno umanità, non hanno calore, non pensano agli altri, sono solo esecutori di un sistema, si chiama capitalismo, si chiama neoliberismo, siamo merce e come merce veniamo trattati e solo questione di conti, se alcuni perdono (poveri) gli altri guadagnano (diventano più ricchi)!

Io sono nato il 18 gennaio del 1952, ho perso tutti i treni delle pensioni, a scuola ormai mi prendono in giro (simpaticamente) per questo mia attesa che è nel tempo è diventata biblica, se fossi nato nel 1951 sarei andato in pensione nel 2009 a 57 anni e 37 anni di contributi, adesso rischio di andare a 63 anni e 43 anni di contribuiti nel 2015.

Una docente di Torino, nata il 31 dicembre del 2011, è stata registrata dai suoi il 1° gennaio del 1952 perché non risultasse più vecchia di un anno, all’improvviso ha scoperto che dovrà aspettare ancora sei anni al lavoro e andrà in pensione a 66 anni, con 43 anni di contributi, non andrà per anzianità (adesso pensione anticipata), ma andrà come tutti in pensione per vecchiaia, senza nessun “vantaggio”, che per anni chi era stanco, aveva problemi di salute o altro sfruttava per uscire dopo un periodo lungo di lavoro, anche se relativamente giovane (dopo i 60 anni di età)

La ruota della fortuna non esiste, esiste la forza della della ragione, noi docenti del 1952 abbiamo un diritto che tutti ci riconoscono. In parlamento, assodato che siamo stati ingiustamente colpiti, da due anni cercano di fare una norma specifica per i Quota96 della scuola, nati nel 1952; due anni di attesa, speranze, illusioni di una legge che viene bloccata per esigenze di bilancio, che per altre situazioni non esiste.

Ecco se i nati nel 1952 una mattina del 2014 si svegliassero e tutti insieme, anche cercando alleanze con chi li appoggia, scendessero in piazza e senza stanchezza continuassero a lottare fino a che la legge non venisse approvata, la ruota della fortuna tornerà a girare nel verso giusto, nella direzione che anche noi da giovani avevamo indicato, quella dei diritti della gente che lavora, una volta erano riconosciuti come lavoratori e come tali si sentivano forti.

La ruota può cambiare direzione, un buon anno di lotta per i nostri diritti e anche per quello di tutti i lavoratori.

Vi riinvio a una canzone popolare, cantata da Roy Paci, ma che si può trovare in diverse versioni, una di Rosa Balistreri, che negli anni 70 la cantava nelle piazze e noi di un collettivo calabrese di sinistra la portavamo in giro per fare spettacoli di lotta.

Malarazza

Testo della canzone e la traduzione dal siciliano (canzone originale)

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…

Un servo tempu fa rinta ‘na chiazza,

pregava Cristu in cruce e ci ricia:
“Cristu, lu me patrune mi strapazza,
mi tratta comu un cane pi la via,
si pigghia tuttu cu la so’ manazza,
mancu la vita mia rici ch’è mia…
Distruggila, Gesù, sta Malarazza!
Distruggila, Gesù, fallo pi mmia! Sì..fallo pi mmia!”

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…

Cristo me rispunne dalla croci:

“Forse si so spezzate li to vrazza?
Cu vole la giustizia si la fazza!
Nisciun’ormai ‘cchiù la farà pi ttia!
Si tu si ‘n’uomo e nun si testa pazza,
ascolta bene sta sintenzia mia,
ca iu ‘nchiudatu in cruce nun saria
s’avissi fattu ciò ca ricu a ttia…
ca iu ‘nchiudatu in cruce nun saria!”

 

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…

“Se ‘nna stu munnu c’è la Malarazza,
cu voli la giustizia si la fazza!
Se ‘nna stu munnu c’è la Malarazza,
cu voli la giustizia si la fazza!”

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti…

Tu ti lamenti, ma cosa ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti

 

 

Un servo tempo da in una piazza

Pregava Cristo in croce dicendogli

“Cristo, il mio padrone mi strapazza
mi tratta come un cane randagio
si prende tutto
e dice che nemmeno la mia vita è mia
Distruggila Gesù questa malarazza
distruggila, Gesù, fallo per me…si fallo per me!

Tu ti lamenti …..
prendi il bastone e tira fuori i denti

 

Cristo mi rispose dalla croce

“Si sono forse spezzate le tue braccia?
Chi vuole giustizia se la faccia
Nessuno lo farà al posto tuo
E se sei un uomo e non un pazzo
ascolta bene la mia sentenza
io non sarei inchiodato in croce
se avessi fatto quello che ti sto dicendo

io non sarei inchiodato in croce”

Tu ti lamenti…

prendi il bastone e tira fuori i denti

 

“Se in questo mondo c’è la Malarazza

chi vuole la giustizia se la faccia!”

 

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Prendi il bastone e tira fuori i denti..

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