Numeri: il cuore dei docenti.

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Numeri: il cuore dei docenti.

23/02/2013 Lavoro Politica Scuola 0
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Una scuola per tutti.

 

Ci vorrebbe più coraggio quando si affrontano le questioni scolastiche, poiché mettono in gioco le posizioni di ognuno dal punto di vista ideologico.

In questi anni abbiamo avuto un attacco alla scuola di massa senza precedenti, con la parte progressista in difesa e gli altri in attacco.

Si perde quando si è costretti in difesa, quando occorre rispondere agli attacchi degli altri.

Per anni i termini predominanti sono stati scuola di massa, scuola per tutti, una scuola di base aperta che servisse di trampolino per la scalata sociale.

Per alcuni anni, tra gli anni ’70 e ’90 questa concezione  è stata dominante nel dibattito sulla scuola.

Ha scontato dei limiti, in quanto solo una parte delle classi disagiate sono riuscite a salire di qualche gradino, ma questo era legato al passaggio dell’economia italiana da agricola a industriale.

I figli dei contadini e degli operai sono diventati classe media, coprendo ruoli che prima non esistevano, mi riferisco in particolare agli insegnanti cresciuti per l’aumento della scolarità, gli impiegati per le trasformazioni industriali e l’aumento del pubblico impiego.

Anche i loro padri hanno migliorato la loro condizione sociale e questo è stato ottenuto con le loro mobilitazioni.Sembrava che le distanze si fossero accorciate.

Dagli anni ’90 in poi il clima politico sociale è cambiato, dopo il crollo dell’Unione Sovietica (nessuno la rimpiange), le idee neo-liberiste hanno preso il sopravvento, sia nel campo economico, sia in quello politico e spesso nel dibattito sulla scuola.

Termini come eccellenza e merito hanno iniziato a scavare nel corpo sociale e sono diventati egemoni a livello delle politiche scolastiche.

Si sono abbandonate le scuole a se stesse, spesso senza nemmeno i soldi per gli interventi più urgenti, arrivando al punto che molti istituti dovrebbero essere chiusi causa crolli, senza sicurezza in quanto non ci sono i soldi.

Le scuole si sono trasformate da luoghi di crescita culturale e di educazione alla convivenza in posti soggetti alle regole del mercato.

Il rincorrersi delle scuole ad offrire servizi (patentini vari, spesso inutili) per pochi e presentare ai clienti le loro scuole visitate a frotte dalle famiglie per decidere dove iscrivere il figlio da proteggere e per offrire ai pargoli le migliori opportunità.

Questi trend ha coinvolto sia scuole che famiglie, anche le più progressiste.

Premiare il merito, offrire scuole di eccellenza, elevare il livello dei migliori. 

Ecco la scuola non era per tutti, e quante volte i genitori si lagnano perché il loro figlio studioso viene rallentato dai quelli sfaticati e poco studiosi.

Le scuole con docenti e Dirigenti scolastici un po’ svegli (avendo anche la capacità di relazionarsi con il Ministero) riescono ad accedere a iniziative che garantiscono soldi e quindi opportunità di migliorare la propria istituzione, mentre altre sono al limite della sopravvivenza.

A questo si è assistito in questi anni, a una separazione tra le scuole “ricche” e le scuole “povere”, serie A e B.

Gli ultimi governi hanno accentuato questa situazione, contemporaneamente spostando soldi alle scuole private, equiparate a quelle pubbliche da un governo di progressisti, che erano alleati dei cattolici, che gestiscono la maggior parte delle scuole private.

Si sono creati poli di eccellenza, per proseguire dopo le scuole superiori, sono iniziate gli spot per la nuova scuola digitale.

L’esigenza di adattarsi alle modifiche introdotte dalla globalizzazione e dalla pervasività dell’Informatica si è scontrata con la crisi dell’economia reale, la mancanza di fondi, per cui i governi parlano sempre di investire sulle tecnologie didattiche (TIC, tecnologie dell’informazione e della comunicazione), e poi non le realizzano.

Si parla di registri elettronici, di libri elettronici, di computer agli studenti, ma poi vengono rinviati di anno in anno.

Poi si lanciano iniziative rivolte a poche scuole in tutto il paese, una o due per regione, investendo cifre sostanziose.

Questi servono al ministro per finire sui giornali, ma non modificano la realtà della nostra scuola, si creano poche scuole di serie A e abbandonando le altre al loro destino, passano da scuole di serie B a scuola di serie C.

In una scuola pubblica l’altro giorno è stato rifiutata la partecipazione a un bando per rimanere scuola di serie A, è una scuola già a buon livello, ha ottime strutture informatiche e laboratori di livello buono, ma il tempo le rende obsolete, occorrerebbe rinnovarle e migliorarle.

In ballo 200 mila euro per le strutture e in parte per i docenti, a cui sarebbe stato dato in uso un tablet.

Il numero degli studenti elevato non permette di dare in prestito il tablet.

Ma dotare i docenti di un tablet (circa 150) significava modificare la relazione tra studenti e docenti, modificare la docenza, modificare l’organizzazione scolastica.

Era un progetto “rivoluzionario”, che poteva diventare modello per le altre scuole, presentato a un corpo docente in parte vecchio, molto restio all’uso del PC, a cui veniva chiesto di sacrificarsi per il bene degli studenti, per adattarsi alla scuola del domani.

Come ho detto è stato rifiutato dal Collegio docenti, a larga maggioranza, ma tra gli interventi quello che è stato il più pertinente a questa analisi è stato quello di un docente, che utilizza metodologie avanzate, che ha detto non sono d’accordo per un motivo politico, perché questi bandi sono scelte politiche, in quanto invece di investire sulle scuole che cadono a pezzi, servono a nascondere questa realtà e io  preferisco che i soldi siano destinati alle scuole disagiate.

Gli insegnanti hanno un cuore, a sinistra.
Qualcuno ha osservato che altri avrebbero vinto, la risposta è stata non mi riguarda.
Ai giochi truccati non occorre partecipare, qualcuno deve iniziare a non accettare le regole altrui, si diventa complici e la catena non si interrompe.

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