Numeri:24-Scuola

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Numeri:24-Scuola

20/10/2012 Lavoro Notizie Politica Scuola 0
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Una delle  peculiarità della scuola è che qui si creano rapporti e relazioni che in altri contesti lavorativi non sono possibili. In particolare mi riferisco all’importanza della relazione tra docente e discente, che non è solo il trasferimento di conoscenze, ma un rapporto umano, in cui la conoscenza trasferita è il medium per trasferire cultura, capacità di relazionarsi con la realtà, di dare un senso allo sviluppo della personalità e creare un ragazzo che affronti i problemi del mondo del lavoro (negli istituti tecnici e professionali).

Il lavoro non si misura in termini di ore di lavoro e anche queste non sono definite da un numero (18 o 24 alla primaria), ma dallo sforzo continuo di rapportarsi ai bisogni degli studenti, a capire le loro difficoltà e spesso il docente si trova da solo, spesso anche contro la famiglia che reputa il figlio perfetto, e non accetta che un ragazzo possa avere difficoltà a scuola, che nella sua carriera scolastica possa incontrare difficoltà e non sempre la colpa è dei docenti.

Un lavoro stressante, continuo che non ti permette mai di respirare, un impegno e un lavoro che non è ripetitivo, che ti obbliga giornalmente a trasferire conoscenze che cambiano, a relazionarti con ragazzi svogliati, che non riescono a esprimere le loro difficoltà di questi periodi e non trovando senso al loro studio, al mondo che cambia trovano nella scuola e nei docenti l’avversario su cui scaricare il loro disagio.

E’ chiaro che la scuola che abbiamo conosciuto non può continuare a esistere, cambia il mondo, cambiano i riferimenti e cambiano le metodologie. Le nuove tecnologie diventano un alibi per trasformare questo mondo. E’ impossibile non cambiare l’approccio allo studio, l’uso avanzato delle nuove tecnologie (video e animazioni per integrare i testi), se non si risolve a scrivere su una lavagna tecnologica, quello che prima si scriveva sulla lavagna di ardesia, rappresenta una sfida da raccogliere e da sperimentare.

Occorre uno sforzo di alfabetizzazione e di investimenti non indifferenti, formazione di personale cresciuto in un altro contesto scolastico, demotivato da anni di attacco alla scuola pubblica e al lavoro dei docenti, con una condizione salariale non dissimile da strati impiegatizi alti, ma con impegno intellettuale di altra natura e di altra levatura.

La scuola per molti aspetti ha resistito agli attacchi al mondo del lavoro e alle trasformazioni che le ideologie neoliberiste hanno portato negli altri settori produttivi.

Rimaneva il fortino da abbattere, quello restio a lasciarsi guidare da ideologie lavoriste e tecniche di misura del proprio impegno, occorreva destrutturare la funzione docente.

Da intellettuale libero e autonomo, le nuove tecnologie spostano il momento del trasferimento sulle tecnologie educative, dai libri di testo, con cartine e immagini, si passa a guide su PC più complesse e su cui occorre fungere da tutor nei riguardi del discente.

Si rischia la perdita del proprio lavoro, una riformulazione della funzione docente, se i lavoratori dell’intelletto lasciano alle case produttrici di software e guide la gestione del materiale didattico.

In questo contesto, il nuovo ministro continua la sua opera di destrutturazione della figura del docente. Non serve un lavoratore pensante, ma un tutor che gestisca materiale, inteso sia come conoscenza, ma sia come il soggetto, lo studente, che deve diventare una macchina che apprende, che assimila quello che serve al mondo produttivo, un anello della trasformazione della merce: dal materiale grezzo al prodotto finito, un percorso senza incidenti, senza l’afflatto dell’informazione.

La scuola come trasferimento delle competenze non ha bisogno di menti pensanti, ma di lavoratori delle conoscenze da trasferire all’oggetto studente.

Ecco quindi che Profumo si inventa l’aumento a 24 ore dell’orario dei docenti, non pensa alla scuola come è adesso, ma una scuola di formazione professionale, in cui l’empatia tra docente e discente crea problemi, non è controllabile, non è misurabile.

Che poi questo comporti taglio di personale è un accidente di percorso.

Quello che serve è modificare l’intellettuale docente e farlo diventare impiegato della formazione, erogatore di competenze, senza autonomia e senza diritti.

Dalla fabbrica alla scuola un unico percorso, un unico pensiero, quello delle fabbriche, da Marchionne a Profumo, il pensiero è unico.

Il loro mondo è la fabbrica.

Rimane in problema, i docenti devono uscire da una posizione difensiva, non basta difendere i posti di lavoro, sacrosanto, ma capire che l’obbiettivo è un altro, quello di spostare il momento della formazione, dai docenti liberi e indipendenti a funzionari dell’addestramento.

E’ un percorso lungo che passa per Bologna e Lisbona, su cui sono convergenti grossi centri di formazione privati, che tendano a spostare la formazione da diritto garantito dagli stati, a merce da acquistare e spendere. Tenete conto che la scuola di massa ha creato grosse aspettative alle famiglie socialmente meno ricche, che pensavano, giustamente, di poter vedere i loro figli in una condizione migliore della loro (operai e impiegati e anche contadini), questa illusione bisogna spegnerla.

Non è un caso che si creano le scuole di élite, a cui possano accedere i figli dei ricchi (università private americane e inglesi), fuori dai portafogli delle classi meno abbienti.

Non servono grandi masse di lavoratori acculturati, che hanno grosse aspettative, ma lavoratori con specifiche competenze. E’ quello che ha portato a termine la Gelmini, grazie a una sinistra, incapace di un pensiero diverso dal liberismo vincente, da una visione economica, che misura la vita delle persone, su costi e profitti.

I docenti devono sapere, che per vincere, occorre che abbiano un’idea altra della scuola, che convincono anche le famiglie, che la scuola, non è il luogo per apprendere competenze per un lavoro, che la scuola è crescita culturale e apertura di uno sguardo sul mondo, che la globalizzazione si deve trasformare in globalità, nel senso che il mondo è complesso, ci sono tante culture, tante tradizioni culturali e tante metodologie didattiche, che attraversano e usano le nuove tecnologie.

Ma per i docenti rimane anche una sfida sapere rispondere al mondo che cambia e alle sfide che questo pone, l’uso, ormai consolidato dei nuovi strumenti tecnologici, è un passo obbligato per crescere insieme agli studenti, nativi digitali.

Al ministro Profumo occorre rispondere che le sfide si affrontano non con proclami altisonanti, ma guardando come sono le scuole italiane, mancano di tutto, ci sono scuole senza laboratori, che hanno ancora lavagne della preistoria, scuole cadenti e a rischio, scuole di serie A e serie C.

Che l’unico rifugio alla criminalità dilagante in tutti i settori è la scuola, che i docenti sono l’unico baluardo rimasto.

Ma forse questo interessa solo ai docenti e forse nemmeno alle famiglie, fagocitate dal pensiero dominante,  che pensa ai ragazzi come merce da adattare alle esigenze produttive e non come geni pensanti e creativi e anche disturbanti (anche i docenti  spesso tendono a volere omologare gli studenti).

Strano perchè Profumo non fa la stessa proposta ai professori universitari, è in conflitto forse con la sua attività?

Gli INSEGNANTI ARRABBIATI di Torino si mobilitano e indicono un’assemblea, lunedì 22 ottobre ore 17 a Palazzo (Nuovo Università)

 

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