Anche l’operaio vuole il figlio dottore
Le lotte e l’imbroglio dei dati
Io sono di un generazione che ha provato a scalare il paradiso e non mi sono mai pentito, anche rendendosi conto di quanta ingenuità ha contraddistinto quei giovani, ma vi era la convinzione che fosse giusto cambiare il mondo e lottare per gli altri e con gli altri.
In una canzone di Paolo Pietrangeli
tutto quel ribollire di idee, rivolta e speranze si trova in questi versi.
Non è per ritornare ai miti giovanili, alla propria esperienza, al passato mitizzato, tipico dei vecchi, ma un verso della canzone “anche l’operaio vuole il figlio dottore”, che racconta la paura che la borghesia aveva di perdere i suoi privilegi, mi è tornata in mente, quando il governo ha deciso di stanziare un fondo destinato ai giovani tra 18 e 29 anni.
Si rivolge ai NEET (Not in Education, Employment or Training), giovani senza diploma, senza lavoro o nemmeno in formazione, per lavori di bassa qualifica (camerieri e simili).
Hanno detto che studiare non serve, la scuola è inutile, non ha senso.
Da anni cercano di convincere i giovani a non andare all’Università, a scegliere corsi professionalizzanti, dicendo che il paese ha necessità di tecnici e cosi cianciando, poi scopri che i giovani non studiano, abbandonano la scuola e sono senza lavoro e senza prospettive e gli offrono lavori pesanti, a basso stipendio e senza futuro.
Sono riusciti nell’intento, paventato da quei versi, il figlio dell’operaio torni al suo ruolo subalterno, a implorare un lavoro qualsiasi e ringraziare il padrone, il figlio del padrone e dei dirigenti si dedichi ai Master dell’Università prestigiose, a occupare il ruolo di prestigio che la sua classe gli consente.
Si chiama divisione di classe, ci sono riusciti con tutti mezzi, tagliando i fondi e presentando dati falsi.
In Italia la disoccupazione coinvolge anche giovani diplomati e laureati, che oltre i 30 anni tendono ad emigrare all’estero, dove sono accolti da università ed in ruoli importanti.
Di queste intelligenze il governo non si occupa, non ha un piano per lavori ben pagati, in quanto le aziende non investono, non vogliono personale qualificato e cosciente dei propri diritti.
Spesso gli stessi docenti accettano questa divisione di ruoli, supinamente:quante volte si sente dire, ma questo è più adatto alle scuole professionali, scoprendo che poi sono figli di lavoratori a basso reddito o disoccupati.
Poi si leggono le notizie e tutto quello che è stato scritto da econonisti, docenti universitari a supporto dei vari ministri si dimostra falso.
In questi giorni la rete ROARS (Return On Academic ReSearch) ha analizzato i dati OCSE, in cui vengono vengono confrontate tra di loro le UNIVERSITA’ e si scopre che l’Università italiana non spende più degli altri, che gli studenti e ricercatori e docenti non sono di più degli altri paesi, che le tasse italiane non sono le più basse, che gli italiani non si laureano in età più alta degli altri e in ultimo la LAUREA garantisce uno stipendio del 50% maggiore di un diplomato e le spese per l’università hanno un ritorno economico molto elevato.
In un paese normale questi imbroglioni verrebbero messi alla berlina e invece continueranno a sproloquiare sui giornali amici e sulle televisioni, senza che nessuno li zittisca e gli presenti il conto.
Degli anni giovanili questo manca, il coraggio dei giovani di adesso di andare a contestare questi nuovi, incompetenti e prezzolati “baroni”, al servizio della borghesia, che si crogiola nel suo potere riconquistato.
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