Fine pena mai!
COSCIENZA DI CLASSE
L’uso delle parole è importante, perchè in ogni contesto possono assumere significato diverso e quindi occorre farne buon uso.
Nel caso specifico sembra che i Q96, ma anche altri casi analoghi (macchinisti ferrovieri e per estensione gli esodati), debbano scontare una pena fino alla fine della loro storia.
Non senza remora, faccio degli esempi per chiarezza, non voglio strumentalizzare i morti, occorre parlarne con rispetto e lasciarli al dolore dei propri cari, e agli amici di una vita.
In questi anni di attesa, i macchinisti la cui speranza di vita non è alta, spesso non arriva a 65 anni, hanno visto alcuni loro compagni di una vita e di lavoro morire, in attesa che fosse modificato un articolo che per “scarsa attenzione” che la solita signora di alto lignaggio e di falsa pietà, con la sua modifica delle pensioni, non ha tenuto conto che il loro lavoro è altamente nocivo per la salute.
Nel frattempo anche alcuni docenti ci hanno lasciato le penne, anche loro in attesa che fosse posto termine alla farsa della modifica della solita legge Fornero, malgrado tutti riconoscano abbia causato danni ed orrori, facilmente riparabili con semplici emendamenti a una qualsiasi legge in discussione al Parlamento.
Di leggi in cui fosse possibile inserire norme attinenti alla modifica delle pensioni, in questi tre anni, ne sono state approvate molte.
Ma si è preferito inventarsi le cosidette salvaguardie, siamo alla VI salvaguardia, e qualcuno, visto che una modifica della legge Fornero, malgrado i chiacchiericci quotidiani sembra sempre più lontana, chiede una ulteriore salvaguardia.
Anche una parte di lavoratori/trici della scuola è riuscita a entrarci in queste salvaguardie (la IV e la VI), un migliaio di Quota 96 riuscirà ad avere uno sconto di pena.
Altri non hanno avuto nessuno sconto di pena, chi due, chi tre anni se li sconterà tutti, per loro nessuna legge, pentimento, riconoscimento dell’errore commesso e accettato da ben tre parlamenti e governi.
Non si capisce in questo strano paese perchè si inventano norme “ad personam” nel caso dei potenti e dei loro amici, si concedono arresti domiciliari o si affidano ai servizi sociali grandi malfattori, colpevoli di delitti immensi (non pagare le tasse, pagare tangenti, non contribuire al benessere secondo le immense ricchezze possedute), esacrabili se i cittadini fossero coscienti dei loro diritti e della giustizia di classe, che governa questo paese, e si condanna chi è nato nel 1951/52 a essere lo zimbello di una nazione.
L’unica concessione possibile prevista, forse, è quella di toglierci dalle classi e assegnarci a un ipotetico organico funzionale.
Funzionale a cosa? A fare supplenze, a essere disponibile nella scuola per ogni imprevisto, da una classe all’altra? Soluzione peggiore non si potrebbe trovare? Ci vorrebbero anche 96 frustate per ricordarci che per 3 anni abbiamo rotto le scatole, avete voluto una soluzione, eccovi accontentati!
L’altro giorno una parlamentare giovane si è sentita offesa dalla domanda di un Quota96, che in lei e nel suo partito tante speranze aveva posto, che le chiedeva “ma non si vergogna?”, riferendosi al fatto che la suddetta (Mal..pezzi), parla a sproposito della questione Q96.
La suddetta qualche mese fa, ad agosto 2014, quando ci hanno combinato l’ennesimo sberleffo di concederci l’illusione con una mano e poi togliercerlo con l’altra che finalmente la norma specifica Q96 era in arrivo, aveva affermato in modo trionfante che voleva togliersi qualche sassolino contro chi non voleva credere che loro avrebbero risolto il problema del nostro pensionamento.
Eravamo MAL..PENSANTI prima e lo siamo ancora, la Mal…pezzi dovrebbe chiedere scusa a chi le ha affidato fiducia, a chi le ha chiesto di assolvere il compito per cui si è fatta eleggere.
Essere docenti non è garanzia di essere migliori dei tanti avvocati, pagati dai contribuenti, per difendere il loro padrone inseguito dalla magistratura, ma se si vuole stare in parlamento, oltre il rispetto degli elettori è richiesto almeno essere capaci di affrontare le problematiche di cui si parla.
In tutti i paesi di parlatori a vanvera, degli sportivi del bar sotto casa, se ne trovano e quando si arriva giovani a questi incarichi è forse sufficiente che prima di parlare si studi, a una docente non occorre ricordare che una veloce lettura dei libri non porta alla sufficienza.
Occorre sapere leggere e non decontestualizzare, occore avere una cultura a 360 gradi, ma chiediamo che almeno non si abbia una visione molto ristretta, diciamo che un angolo di 30 gradi è miopia o scarsa conoscenza dei fatti.
Studi lei, come tutti i giovani parlamentari (uomini e le poche donne arrivate in parlamento) e consigli qualche libro al suo giovane capo, ne ha anche lui di insufficienze ed ancora è più pericoloso.
Se la vostra generazione si considera onnipotente e non ascolta chi sta sotto, si preparerà prima o poi la fossa, il rischio che prima abbiate condannato tutti a pagare le scelte errate da voi compiute.
Tra queste ci sono ancora i Quota96, solo una parte deve ancora scontare anche fino a 4 anni.
Partiremo con una nuova iniziativa da domani, noi non possiamo definirla “salvaguardia” perchè noi i requisiti li avevamo acquisiti, si tratta di un risarcimento dovuto.
SUL BLOG DI ANTONIO TROVATE L’INIZIATIVA DI APRIRE UNA FINESTRA PER I QUOTA 96 CHE RESTEREBBERO IN SERVIZIO DAL 1° SETTEMBRE 2015, PER PERMETTERE DI ESPRIMERE LE LORO INTENZIONI FUTURE
LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO AL MIUR
E’ successo un fatto strano, che alcuni di noi (altri ne erano ben coscienti) hanno finalmente capito che loro fanno parte di un’altra classe, non possono mischiarsi con voi, in quanto voi siete una combriccola di nominati, arrivati al potere per gli scherzi della storia, inseguendo il mito falso dell’uomo fatto da se, del mito dell’imprenditore, che in tutti gli stati si arricchisce, impoverendo quelli che lavorano, pagano le tasse e ancora non hanno trovato il modo di sentirsi una classe organizzata.
La storia ogni tanto fa strani scherzi, che questa volta il verso giri dalla parte giusta?
Quella di chi i diritti se li deve conquistare, noi se e quando riusciremo a uscirne vittoriosi da questa farsa abbiamo lottato contro un potere nascosto, contro i pescecani della finanza, contro il neoliberismo capitalista distruttore di vite e di umanità.
I QUOTA 96 alla manifestazione “Natale precario” a Palermo, il 23 dicembre.
UN VIDEO PER RICORDARCI CHE NON OCCORRE SUBIRE
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Una risposta.
Ricevo da Luigi questi due articoli che si adattano bene al mio ragionamento
Grazie Luigi
Riscoprire le ragioni della politica
Anche Sabino Cassese si domandava, sul Corriere della Sera dell’ 8 dicembre 2014, “ se le tensioni interne ai partiti sono fatti passeggeri o sono, invece, indicatori di una fase della storia”. La lettura dell’articolo, mi ha spinto a fare qualche considerazione. Parlare della situazione interna dei partiti italiani e far derivare una verità universale è sbagliato. Si deve parlare del caso italiano come eccezione e cercare di capire le cause interne, la loro nascita e la loro evoluzione. A tal fine, sono andato indietro di oltre un ventennio, a prima di tangentopoli. Il quadro era: un forte PCI voglioso di partire, ma senza sapere dove andare, con chi andare e con quale nome camminare; una DC, che con il suo pragmatismo aveva influenzato il non pensare politicamente, ma scegliere a seconda della convenienza e per il potere; un PSI, timoroso per la non grande forza elettorale, baldanzoso per appartenere alla grande famiglia socialista europea e allevatore di “nani e ballerine”, cosa , che, nel 1987, mi aveva fatto prevedere la fine; altre formazioni con poco seguito e in attesa di aggregarsi alle forze di governo. Altre cause della decadenza attuale sono da ricercare nel mancato impegno ad educare i propri elettori e, quindi, i propri rappresentanti; nel cercare consensi, non spiegando i propri valori e le proprie proposte, ma denigrando gli altri e facendo affidamento sulla giustizia, che, essendosi organizzata come partito con le correnti, era più strumento di lotta, che produttore di sentenze giuste. Se fossimo sinceri, diremmo che tutte le forze politiche hanno cercato di crescere con il populismo e con l’esercizio del potere. In ogni partito, la doppia verità era radicata (chi non ricorda il richiamo di Pertini contro questa abitudine?). Pierluigi Battista richiama la doppiezza perversa di Mister Hyde e Dottor Jekkill. Ho cercato di capire perché è diventato normale un comportamento disonesto. Mi illuminò un prete amico,quando alla mia domanda:- Come mai, gli italiani, che sono cattolici, sono mariuoli? Rispose:- Tra di noi, diciamo “futti, futti, futti, o Patatern perdona tutto” . Da ciò, ho fatto derivare questa convinzione: molti esponenti di partiti sanno che gli iscritti, considerati come Dio, alla fine, assolvono sempre, per paura di perdere ciò che hanno. Laicamente pensano “ ruba, ruba, ruba, tanto i cipputi ci perdonano tutto”, anzi ci difenderanno dalle accuse degli avversari. Con tangentopoli, le forze politiche non danneggiate e quelle emergenti, non avendo un modello di società da proporre, si lottavano utilizzando argomenti fittizi e popolareschi. Faremmo bene a ricordare le berlusconate, le Cose (prima, seconda) dalemiane, le sparate di Di Pietro e gli ululati di Bossi. Qualcuno ricorda confronti tra modelli di società? Nelle società italiana si andavano essiccando le parole socialista, liberale, democristiano, repubblicano. La parola comunista era stata annullata nel testamento del PCI (la Bolognina). Dagli anni 90, le adesioni sono state cercate non illustrando la bontà di modelli o di valori, ma con le promesse: 1) vieni che ti farò conoscere Berlusconi; 2) vieni che ti farò conoscere D’Alema. Tra gli iscritti allo stesso partito andava scomparendo l’amalgama ideale ( più importante dell’amalgama di una squadra di pallone), e veniva sostituita dall’interesse personale. I capi domandavano a una persona non cosa pensasse, ma cosa volesse. Gli iscritti da soldati diventavano mercenari e il portafoglio prese il posto del libro e le sceneggiate presero il posto degli approfondimenti. La quantità , comunque conseguita, andava prendendo il posto della qualità. Il deragliamento pedagogico ha fatto si che l’attenzione degli elettori si spostasse dal cervello ad altre parti del corpo e lo strumento per conquistare non fosse più la parola, ma il portafogli. Ogni tanto, mi viene alla mente un’espressione che una donna diceva al marito: Devi portare i soldi a casa. Non mi importa, dove li prendi. Eduardo diceva: L’ommo onesto è ‘a ruvina d’acasa. Lo diceva per educare. La politica l’ha fatto diventare un comandamento e, a differenza dei dieci che Dio diede a Mosè, è stato fatto proprio e rispettato dai politicanti. Speriamo che risorga l’esigenza di coltivare i valori nobili dei nostri padri fondatori dei partiti e, sotto la spinta di tale esigenza, rinasca la POLITICA, con i suoi strumenti: I PARTITI.
Avellino,10.12.2014 Luigi Mainolfi
l.mainolfi@alice.it
Il potere delle parole
Il potere delle parole,qualche volta, sfugge anche ai più navigati comunicatori, che non riescono a nascondere il significato delle stesse o le usano in modo non appropriato. Da alcuni anni, politici, sindacalisti, amministratori e rappresentanti di Piccole, Medie e Grandi Imprese dell’Irpinia usano la parola PATTO per indicare una cosa che deve produrre sviluppo. Nel 1968, Rossi-Doria parlava di PIANO per lo sviluppo dell’Alta Irpinia, negli anni precedenti e successivi, le forze politiche si confrontavano sul PROGETTO 21 e parlavano di Piano di Sviluppo. A fasi alterne, appare e scompare la parola TAVOLO che considero sempre stupida, anche perché intorno ad esso, spesso, siedono rappresentanti di categoria monovalenti, che, quando prendono la parola, suonano, a orecchio, il proprio spartito. Non riesco a digerire la parola PATTO, che mi fa pensare al PATTO del Nazareno, al PATTO Berlusconi-Fini-Casini, al PATTO tra Camorra e Mafia, ecc. La parola PATTO è sfortunata, indica una cosa furbesca, che è, sempre, a tempo determinato. Per far si che di sviluppo parlassero persone competenti, per anni, ho proposto , senza successo, la costituzione del COMITATO per lo Sviluppo. Le dinamiche contenute nelle parole PIANO, PROGETTO, PROGRAMMA e COMITATO, sono assenti nella parola PATTO. Non è un caso, che i contenuti “progettuali” del PATTO, di cui si parla da mesi, riguardano i trasporti e la sanità. Gli “economisti” paesani confondono ciò che è provocato dallo sviluppo con ciò che crea sviluppo (assente nelle loro menti). I trasporti e la sanità hanno bisogno di passeggeri e di malati. Quindi, se vogliamo far crescere questi settori, dobbiamo fare restare i cittadini sul territorio e, possibilmente, fare aumentare la popolazione. Cioè, fare sviluppo. In caso contrario, la loro importanza diminuirà. Non è azzardato dire che se i residenti diminuiscono, anche le Chiese chiuderanno. I principali settori, che, se valorizzati e aiutati, in una logica di Piano, creeranno PIL e occupazione, per l’Irpinia, sono l’agricoltura, i beni ambientali, i bene culturali in movimento, i servizi alla persona (non in modo caritatevole o con le badanti), l’artigianato, il turismo e il settore Bancario- Finanziario -Assicurativo. Per fare esplodere il potenziale di questi settori, ci vogliono le professionalità e le creatività adeguate. Bisogna uscire dai recinti nei quali non sono cresciuti, finora, economisti, ma solo portaborse e “prenditori” . Bisogna avere rapporti con le Università per catturare le energie migliori e valorizzarle (anche questo argomento era caro a Rossi-Doria). So bene che non è facile farlo capire. Quando Dorso invocava la comparsa dei 100 uomini di acciaio, in modo elegante, diceva che la classe dirigente di allora era inadeguata. A distanza di oltre 60 anni, possiamo dire che le cose sono peggiorate e, perciò, invece di aspettare ancora i 100 eroi, bisognerebbe rottamare, non in base all’età, ma in base a ciò che si è prodotto come idee e come iniziative. Operazione facile da fare: basta un questionario. Il non aver capito come si crea sviluppo, fa inseguire farfalle. In questi giorni, i giornali riportano valutazioni di amministratori e di operatori politici, sulla ferrovia Napoli- Bari, che, se tutto andrà bene, sarà completate tra venti anni. Ancora una volta, il baricentro del ragionamento si sposta. Non si vuole ammettere che se la politica continuerà ad essere miope e insensibile alle sollecitazioni culturali, la ferrovia attraverserà una “terra desolata”.
Avellino,19.12.2014 Luigi Mainolfi
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