La scuola di “classe”
Scuola-Azienda, Scuola del “merito” e i bisogni degli studenti e della SOCIETÀ.
Ho vissuto tutta la mia vita dentro la scuola, da studente a docente e penso di averla attraversata in tutti i suoi cambiamenti, dalla scuola di massa, che è stata una fucina di intelligenze, e lo continua ad essere, alle declinazioni attuali della Scuola-Azienda.
Era la scuola di una generazione di SINISTRA, pedagogisti, intellettuali, lavoratori per crescere, informarsi, diventare critici e essere protagonisti dei cambiamenti sociali e politici.
In Italia, da anni, c’è una netta contrapposizione tra chi lotta per migliorare la scuola, per una gestione democratica, che fornisca strumenti adeguati ai cambiamenti e chi tende a polarizzare le differenze di partenze tra gli strati sociali.
La generazione, uscita dalle rivolte degli anni 70, ha portato una ventata di cambiamento all’interno della scuola, con l’apertura alla scuola della società e l’entrata dei genitori all’interno degli organi collegiali, possibilità per tutti gli studenti, di ogni ordine all’accesso a qualsiasi facoltà dell’Università.
L’istituzione del tempo pieno, ha permesso alle donne di lavorare e ai ragazzi di restare di più a scuola e fare attività che sviluppassero le loro propensioni artistiche, oltre a svolgere i compiti dentro la scuola.
Adesso con le trasformazioni (“RIFORME”), ha assunto il verbo della conservazione, gli assiomi del neoliberismo, i valori che connotavano e connotano la destra, la Scuola-Azienda.
Con il tempo il modello precedente è stato modificato, in base a scelte economiche, tagliando i posti di lavoro (150 mila in 3 anni) e aumentando il numero di studenti per classe (governi Berlusconi, Gelmini ministro) e la riduzione del tempo delle classi a tempo pieno.
Contestualmente è partito un attacco a una scuola collegiale, cooperativa, inserendo un insieme di norme, basate su modelli aziendalistici ed econometrici, tipiche del neoliberismo, quindi una scuola standardizzata, come se lo studente fosse un prodotto da vendere.
Parliamo dei test a crocette e valutato su tabelle che dovrebbero indicare vari elementi di crescita dello studente, spezzettato in nozioni, invece di una valutazione della personalità delle sue conoscenze complessive e dei miglioramenti.
Un enorme richiesta di test, verifiche e tempo da dedicare ad attività burocratiche, che spesso occupano più delle ore dedicate allo studente in classe.
Per non parlare del ruolo del D.S., che ha assunto sempre maggiori poteri in termini decisionali, spesso coadiuvato da collaboratori scelti da lui e altre figure di sistema.
Siamo passati da un Preside, primo tra pari, a un Dirigente Scolastico, che si veste di un ruolo differente, una bella differenza.
Concludo con il mito del “Merito” e dei premi da dare ai migliori docenti, assunto come toccasana di ogni squilibrio territoriale, economico e di classi sociali.
Le figure di sistema e i collaboratori, sono già pagati con fondi allo scopo destinati, pensare che siano i migliori docenti, esperti o adatti a quel ruolo, è una pura fantasia.
In tutti i ruoli della società, esistono figure più preparate o meno, tra i docenti o tra i D.S. e pensare che siano arrivati a quel grado per meriti, significa non conoscere la scuola o il mondo del lavoro.
Basterebbe sapere, come ogni ministro li sceglie nelle sue strutture centrali o periferiche, personale distaccato anche dall’insegnamento, che sono basate sulle amicizie.
Da anni, abbiamo dirigenti al Ministero che restano sempre al loro posto, malgrado si siano succeduti diversi ministri, diversi programmi scolastici, diverse scelte pedagogiche, gli unici a pagare gli errori sono i docenti, messi all’indice come non adatti al loro ruolo.
Sul merito e sulla concentrazione dei potere ai D.S, la “sinistra” al governo si è giocato milioni di voti.
Nel 2000 l’allora ministro della Scuola, Luigi Berlinguer, si dimise dopo la rivolta dei docenti, coordinatisi attraverso fax e rapporti personali, contro la sua idea di dare 6 milioni a una parte dei docenti, malgrado fosse appoggiato dai sindacati della scuola.
Nel 2015 ennesima sortita con il ministro Giannini (governo Renzi), con la cosiddetta “Buona scuola”, avversata da tutti i sindacati e movimenti della scuola, che hanno portato al più grande sciopero della scuola italiana, che prevedeva maggiori poteri ai D.S. e più autonomia.
La legge fu approvata, alle successive elezioni il PD perse due milioni di voti, per la maggior parte di docenti elettori del PD.
Una scuola che con “stage” o il PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) presso aziende promette un avvenire di lavori precari, saltuari e dequalificati, per la maggior parte destinati alle famiglie con minori entrate, senza la possibilità di avere prospettive di avanzamenti sociali.
Si dice, spesso, che mancano lavoratori in certi settori, che nessuno vuole fare i lavori artigianali di una volta, ma mi viene il dubbio che li si voglia fare a chi frequenta le scuole professionali o tecniche, cioè i figli dei lavoratori e della piccola borghesia.
Le famiglie a basso reddito non manderanno i figli alla Bocconi, alla LUISS o all’estero, destinate a chi ha ricavi elevati, tali da fare studiare i figli nelle migliori scuole.
Per gli altri lo stesso Berlinguer (Governo Prodi), sempre nel 2000, si inventò una laurea triennale, che serve poco, senza altri due anni di laurea Magistrale, per avere maggiori possibilità e opportunità di lavoro ben pagati.
L’attuale governo sta proponendo un prestito d’onor, per chi non ha altre possibilità per iscriversi all’Università, da restituire dopo la laurea, un’altra fregatura.
Bei tempi quelli di “… anche l’operaio vuole il figlio dottore”, adesso siamo a “… anche l’operaio spera che il figlio non sia precario e sfruttato”.
Sinistra, se ci sei batti un colpo! Non declinare concetti di destra in salsa “sinistra”.
Pubblicato su Riviera il 6 novembre 2022
Views: 6